lunedì 14 marzo 2016

PONTIGGIA - Nati due volte

Il Book in progress di marzo comincia a piacermi .... Vorrei soffermarmi su questa citazione :

Quando Einstein, alla domanda del passaporto, risponde "razza umana", non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza.

domenica 13 marzo 2016

ANNIBALE Un viaggio di PAOLO RUMIZ

Rumiz percorre il viaggio compiuto da Annibale attraverso il Mediterraneo , la Spagna, l'Italia,l'Armenia ed infine il Bosforo, dove si conclude la vita di questo grande condottiero.
Una ricostruzione storica del personaggio di Annibale con le sue abilità guerriere , le sue idee e le sue paure ed un reportage di viaggio sul suolo italico che Rumiz affronta, accompagnato da studiosi e ricercatori di storia antica ,  con curiosità , determinazione appellandosi non solo agli scritti di Polibio ma anche alla realtà attuale.
Un interessante percorso tra Nord e Sud Italia , Occidente ed Oriente , differenze culturali , globalizzazione e uno sguardo ai ns. tempi.
Rumiz scrive:
"Torna la grande domanda del viaggio : perché negli italiani di oggi non è rimasto niente della romanità?Perché la più grande classe dirigente del mondo antico è scomparsa nel nulla senza lasciare eredi? Che cosa ha cancellato quell'ineguagliabile senso della res publica che segnò Roma al tempo di Annibale? "
Un libro da leggere
Loredana
 
 

sabato 12 marzo 2016

Il manifesto di Kerouac

Dici Beat Generation e pensi alla gioventù bruciata americana degli anni '50, a Burrought, ad Allen Ginsberg, e soprattutto a Jack Kerouac. Dici Jack Kerouac e pensi a "Sulla strada" ("On the road") . Dici "On the road" e pensi a passaggi in autostop e lunghe distanze percorse su autobus che corrono dall'Est all'Ovest americano, e giù fino al Messico, alla ricerca di una libertà materiale e spirituale che si contrappone alla vita borghese e moralista americana e si ribella ai principi del capitalismo, alla ricerca della conoscenza interiore che si fonda sull'esperienza, alla ricerca di una vita audace e disinibita ed eccessiva che contempla la sperimentazione estrema di droghe, alcol e sessualità. Il viaggio nomade, visionario, avventuroso, estremo e, alla fine, forse, inconcludente per eccellenza.  

Oggi, nell'anniversario della sua nascita, il 12 marzo 1922, rendiamo dunque omaggio a Jack Kerouac e al suo romanzo più celebre, che oltre ad essere il manifesto del movimento Beat fu anche la prima opera cui sia stato riconosciuto  di aver creato un nuovo genere stilistico di prosa "spontanea".


"Beat, è il beat da tenere, è il beat del cuore, è l'essere beat e malmessi al mondo e come l'essere a terra ai vecchi tempi e come nelle antiche civiltà gli schiavi ai remi che spingevano le galere a un beat e i servi che facevano vasi a un beat."  (Jack Kerouac)

lunedì 7 marzo 2016

LA MASSERIA DELLE ALLODOLE ( ANTONIA ARSLAN - Padova 1938)

Antonia Arslan con il suo libro "la masseria delle allodole" scrive del genocidio degli armeni dando voce alla sua identità armena, vince il premio Strega, ed in seguito i fratelli Taviani lo portano sullo schermo . Il  governo turco vieta la proiezione del film nel proprio paese. In questo libro la scrittrice attinge alle memorie familiari per raccontare la storia di un popolo  mite e fantasticante, gli "Armeni"  e la nostalgia struggente per una patria ed una felicità perdute.
Yerwant ha lasciato la casa paterna tredicenne per studiare nel collegio armeno a Venezia. Dopo quasi quarant'anni sta ultimando i preparativi per rientrare alla masseria delle allodole, ma gli eventi precipitano, siamo nel 1915 l'Italia entra in guerra e chiude le frontiere, mentre il partito del Giovani Turchi insegue il mito della Grande Turchia in cui non c'è posto per le minoranze. Non ci sarà dunque festa alla masseria delle allodole per il suo rientro, ma solo "orrore e morte". Per le donne armene della masseria e del piccolo paese incomincia un'odissea di marce forzate, campi di prigionia, fame e sete, umiliazioni e crudeltà. Nel loro cammino verso il nulla, madri, figlie e sorelle si aggrappano disperatamente all'esistenza e tengono accesa la speranza. Sarà grazie alla loro tenacia, al loro sacrificio e all'aiuto disinteressato di chi rifiuta di farsi complice della violenza che tre bambine e un maschietto vestito da donna riusciranno a salvarsi e a raggiungere Yerwant in Italia.
Nel 2010 sono stata in Turchia, alla giovane guida che accompagnava il tour ho chiesto della storia degli armeni, mi ha risposto che la Turchia ha aperto gli archivi e gli armeni no, del film dei fratelli Taviani e del libro non ne sapeva nulla. Ho  suscitato comunque il suo interesse e salutandomi alla partenza ha detto 'mi informerò meglio'.
Oggi alla luce di quanto la ricerca storica ha prodotto è impossibile negare o ridurre il genocidio. I massacri della popolazione cristiana (armeni, siro cattolici,siro ortodossi, assiri, caldei e greci) avvenuti in Turchia tra il 1915-1916 sono ricordati dagli armeni come Medz yeghern "il grande crimine". Le uccisioni incominciarono nella notte tra il 24 e 25 aprile del 1915.D'all'inizio del 1915 gli armeni maschi in eta di servizio militare erano stati concentrati in "battaglioni di lavoro" e poi uccisi dall'esercito turco, mentre il resto della popolazione era stato deportato verso la regione di Deir ez Zor in Siria con marce della morte. Pari siano stati circa 1,2 milioni i morti.  I paesi che riconoscono ufficialmente il genocidio armeno sono 22, tra cui l'Italia .
Ricordo questi frammenti importanti di storia perchè la storia ci aiuta a conoscere, a  non dimenticare ,a non ripetere gli errori del passato.
FIORANGELA BARACCHI

p.s. ricordo per chi ne fosse interessato che a Venezia esiste l'isola di San Lazzaro degli armeni. Pochi uomini nella laguna veneziana, sono stati in grado di salvare, negli ultimi tre secoli, un'antica storia nazionale. Hanno prodotto, per il proprio popolo, una rinascita artistica, letteraria e sociale. Da visitare.

Nel 2015, in occasione del trecentesimo anniversario dell'arrivo di Mechitar a Venezia e del centesimo anniversario del genocidio, l'isola ha ospitato il Padiglione della Repubblica d'Armenia della Biennale, che ha vinto il Leone d'oro per la migliore partecipazione nazionale.

domenica 6 marzo 2016

CHAIM POTOK GRANDE CANTAUTORE DEGLI EBREI (NEW YORK 1929 - MERION PENSYLVANIA 2002)


Vorrei ricordare CHAIM POTOK attraverso un'intervista rilascita a Repubblica nel 1998  all'Hotel Manin di Milano.

Il nonno di mio padre fuggì dalla Russia per evitare i trentacinque anni di servizio militare che gli toccavano come suddito di Nicola I. Scappò fino a Lvov, in Polonia, si fece mugnaio e prese come nome Potok che significa "corso d'acqua veloce". Dunque Chaim, lo scrittore, non sapeva se discendeva da un Coen (un sacerdote), da un Levi (un levita aiutante dei sacerdoti nei lavori del Tempio) o da un semplice figlio di Israele, se ai maschi della sua famiglia sarebbe dovuto toccare un seppur minimale ruolo religioso nella comunità. Ma suo padre - un pio chassid arrivato a   Brooklyn dalla natia Lvov - voleva che facesse il rabbino. Chaim però, a 17 anni, si trovò tra le mani il Ritratto dell'autore da giovane di Joyce, lo lesse, comprese "il senso del potere che il linguaggio e l'immaginazione hanno ai fini dell'organizzazione dell'esperienza", e decise che non avrebbe fatto il rabbino, ma lo scrittore.

Non solo. Decise anche che avrebbe scritto degli ebrei di Brooklyn, e quindi, per aver più dimestichezza con la loro cultura, si iscrisse al Jewish Theological Seminary di New York. C'era la guerra di Corea. Chaim ci passò sedici mesi. Tornò con un'altra chiara determinazione: avrebbe scritto dei rapporti tra gli ebrei e la cultura occidentale. Doveva conoscere meglio pure questa, e si iscrisse all'Università della Pennsylvania per studiare filosofia, concentrandosi su Kant.

La scena letteraria americana era dominata da ebrei come Saul Bellow, Bernard Malamud, Joseph Heller. Quando, nel 1967, Potok pubblicò Danny l'eletto, la sorpresa fu enorme. 
 In quel pomeriggio del settembre 1998, Potok mi disse: " io davo la descrizione di un mondo religioso americano che poteva essere gustato anche dai non ebreie questo era molto insolito. Gli altri autori cercavano di scappare via dall'ebraismo o magari non ci erano mai stati dentro". Poi aggiunse con aria di sfida: "Perché James Joyce, così irlandese, aveva parlato a me? Il romanzo è un genere che può rendere universale le esperienze più particolari, ma a patto che si abbia una buona storia, una storia che permetta di trattare questioni come i rapporti umani di base, la responsabilità verso gli altri, il tradimento di sé o della comunità".Una buona storia: pareva di ascoltare Martin Eden. Con fatica cercavo di riportarlo alle radici, all'ebraismo, alla questione religiosa che afferra i suoi personaggi nella prima infanzia e poi li domina, li stringe, li costringe a scelte tremende sul piano esistenziale. Il protagonista di In principio, per esempio, che tradisce il Talmud per lo studio storico-critico della Bibbia. O Asher Lev, il pittore che, come Chagall, dipinge crocifissi.

Potok, lo scrittore di successo, ascoltava cortesemente, quindi, rispondendo, faceva capire quant'ero ingenua. La storia di Chagall non sarebbe stata una buona storia. Perché "Chagall non lascia l'ebraismo, mentre Asher Lev cerca di restarci. Se fai delle cose fuori dalla tua tradizione, il mondo religioso cui appartieni preferisce che tu ti allontani, che lo abbandoni. Se resti li fai diventare pazzi perché si sentono messi in discussione". La materia che nei suoi romanzi resta incandescente, nella conversazione era raffreddata, solida, ben definita. A una domanda sul senso della memoria per gli ebrei diede una bella risposta da conferenziere: "Gli ebrei hanno inventato la storia, nella Bibbia c'è l'idea che il tempo ha un inizio e una fine e che noi andiamo in una direzione precisa, verso un fine che - lo speriamo tutti, ebrei e cristiani - sarà un fine buono. Diffondendosi col cristianesimo, la concezione biblica del tempo ha la meglio su quella dei pagani: ciclica, che voleva il destino dell'uomo modellato sul ciclo delle stagioni. L'idea biblica del tempo ha mutato il destino dell'Occidente. Se la storia ha un fine, bisogna progettare".



sabato 5 marzo 2016

L'AMICO RITROVATO


L'amico ritrovato di Fred Uhlman (1901-1985), pubblicato nel 1971 è un romanzo breve, che racconta l'amiciza di un ragazzino ebreo, Hans, e di un coetaneo tedesco Konradin. Il libro è ambientato durante le dittatura nazista ed è ispirato alla vita dell'autore.
L'amicizia tra Hans e Konradin è messa a dura prova dalle leggi razziali, tanto che Hans dovrà fuggire all'estero e scoprirà la verità sull'amico soltanto dopo la seconda guerra mondiale.  La vita dunque li allontana e  non soltanto logisticamene, ma anche idealmente, perchè Konradin ammette la sua fascinazione per Hitler arrivando perfino a sostenere che è stato mandato da Dio per risollevare le sorti della Germania.
Hans negli USA ricostruisce la sua vita, si rifiuta di tornare in Germania e di sapere qualsiasi cosa sul destino di Konradin.
Molti anni dopo riceve un opuscolo dal suo vecchio liceo a Stoccarda con la richiesta di un contributo per la costruzione di una memoriale agli studenti caduti in guerra. Hans turbato non vuole conoscere il contenuto della lista, ma poco prima di stracciare l'elenco  scopre che Konradin è stato impiccato per aver parteciapato al complotto per uccidere Hitler.
L'amiciza quindi nasce, si consolida, si spezza, si ricompone . Konradin resosi conto dell'errore commesso non esiterà e sacrificare la propria vita nel tentativo eroico di far cessare l'incubo nazista, partecieperà al complotto per uccidere il Fuhrer (1), e Hans ritroverà il suo amico.
Hans quindi ritrova l'amico nel momento stesso in cui scopre la condanna di lui per quanto avvenuto. Tutto il libro è quindi secondo me un richiamo affinchè tali barbarie non si ripetano nel mondo,   e il popolo tedesco riconosca l'olocausto. Non dimentichiamo  che nel 1971 ancora i tedeschi faticavano ad ammettere quanto accaduto, e le nuove generazioni  dicevano ..io non c'ero.... La condanna per quanto avvenuto, la caduta del muro e delle ideologie ha avvicinato sempre di più i popoli dell'europa. Speriamo di suonare sempre di più l'inno europeo per un futuro migliore

Fiorangela Baracchi

(1) Trattasi della ormai famosissima operazione Valchiria del 20 luglio 1944, un fallito piano per eliminare Hitler che portò, come rappresaglia, all'arresto di 5000 persone e all'esecuzione di circa 200.







venerdì 4 marzo 2016

PIETRA DI PAZIENZA - di Ratiq Rahimi, Kabul 1962.

La vicenda si svolge in una sola stanza, una camera da letto,sul materasso e' disteso un uomo, guarda nel vuoto e da un ago infilato nel braccio riceve del liquido,
accanto a lui c'è una donna : sua moglie, sta pregando con una mano sul cuore. Così inizia il monologo confessione della donna. L'uomo diviene ai suoi occhi "pietra pazienza", una pietra magica che è in grado
di assorbire infelicità e frustrazioni. E la donna racconta all'uomo in coma episodi della sua vita che non ha mai confessato a nessuno.Finalmente puo' parlargli liberamente di cosa prova, cosa sente, cosa percepisce, rivelare i suoi lati intimi senza timore o vergogna.
Il suo essere donna riesce finalmente a esplodere contro una serie di imposizioni culturali e religiose che sempre l'hanno costretta a tacere e dissimulare. I suo monologo sottintende la possibilità e il rischio di essere ascoltata, e forse vuole essere ascoltata e capita. La PAROLA si trasforma in strumento di affermazione , nel mezzo per raggiungere quella LIBERTA' di cui normalmente nessuna DONNA in Afghanistan potrebbe mai godere. 
BUON 8 MARZO A TUTTE LE DONNE

FIORANGELA BARACCHI

martedì 1 marzo 2016

Omaggio a Eco

Dopo che per giorni tutte le televisioni, le radio, i giornali, il web hanno sviscerato con ogni grado di profondità la vita, le opere, le citazioni di Umberto Eco, scomparso lo scorso 19 febbraio all'età di 84 anni, vorremmo anche noi, nel nostro piccolo rendere omaggio al celebre romanziere, semiologo, storico, geografo, intellettuale.  E già che chi lo conosceva intimamente ce ne ha dato, in questa occasione, un'immagine di uomo dotato di grande humour oltre che di risaputa cultura ed intelligenza, ci piace ricordarlo con queste "40 regole per parlare bene l'italiano" tratte da "La Bustina di Minerva" (ed. Bompiani, 2000). 

Umberto Eco fece suo e lo modulò sull'italiano un vademecum in inglese molto popolare tra i writer americani sul come si debba scrivere bene: «Ho trovato in internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura».

1.       Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.

2.       Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.

3.       Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.

4.       Esprimiti siccome ti nutri.

5.       Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.

6.       Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.

7.       Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.

8.       Usa meno virgolette possibili: non è "fine".

9.       Non generalizzare mai.

10.   Le parole straniere non fanno affatto bon ton.

11.   Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: "Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu."

12.   I paragoni sono come le frasi fatte.

13.   Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s'intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).

14.   Solo gli stronzi usano parole volgari.

15.   Sii sempre più o meno specifico.

16.   L'iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.

17.   Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.

18.   Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.

19.   Metti, le virgole, al posto giusto.

20.   Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.

21.   Se non trovi l'espressione italiana adatta non ricorrere mai all'espressione dialettale: peso el tacòn del buso.

22.   Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono "cantare": sono come un cigno che deraglia.

23.   C'è davvero bisogno di domande retoriche?

24.   Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell'inquinamento dell'informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.

25.   Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.

26.   Non si apostrofa un'articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

27.   Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!

28.   Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.

29.   Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.

30.   Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l'autore del 5 maggio.

31.   All'inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).

32.   Cura puntiliosamente l'ortograffia.

33.   Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.

34.   Non andare troppo sovente a capo.

Almeno, non quando non serve.

35.   Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

36.   Non confondere la causa con l'effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.

37.   Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le   premesse conseguirebbero dalle conclusioni.

38.   Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.

39.   Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.

40.   Una frase compiuta deve avere.

 

E per finire, volendo salutare il maestro Eco restando in quest'aura di buonumore, suggeriamo la lettura di "Come viaggiare con un salmone", il primo libro, insieme a "Pape Satàn Aleppe", che Umberto Eco ha pubblicato con La nave di Teseo. Si tratta di una raccolta istruzioni divertenti e irriverenti per situazioni sui generis: come mettere a punto delle vacanze intelligenti, come sopravvivere alla burocrazia, come mangiare in aereo, come viaggiare con un salmone al seguito, come evitare il carnevale o come evitare di essere contagiati da svariate malattie, come non cedere all'ossessione della visibilità, e molto altro. Un libro che ci guida nella selva delle nostre giornate, nella consapevolezza che la vita scorre per lo più tra piccole cose, incontri fortuiti, piccoli problemi, e non tra dilemmi amletici e interrogativi sull'essere, che occupano solo una piccolissima porzione del nostro tempo, pur essendo l'unica cosa che conta.